OSPITALITA’ A PALERMO: l’accoglienza attraverso un sorriso

di Anna Ponente, direttrice del Centro Diaconale "La Noce"

Il Centro diaconale dal 2011 ad oggi ha accolto circa 100 minori MSNA arrivati sulle coste della Sicilia con gli sbarchi. Certamente queste non possono essere ritenute modalità di accoglienza per chi fugge da guerre, povertà e dolore. I nostri ragazzi hanno lasciato il paese di origine, i loro affetti più cari, il loro progetto di vita affidandosi a gente senza scrupoli per arrivare in Italia.  Sappiamo che tantissimi perdono la vita e sappiamo dai loro racconti che prima di arrivare subiscono violenze e torture. Il centro diaconale in quanto opera della chiesa valdese a Palermo ha scelto di aderire all’accoglienza diffusa delle famiglie siriane su tutto il territorio nazionale che arrivano con i Corridoi umanitari, un progetto ecumenico, realizzato dalla Fcei (Federazione chiese evangeliche in Italia), Tavola Valdese in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e interamente finanziato dall’ottoxmille delle chiese valdesi e metodiste. Un progetto rivoluzionario che consente a chi verrà accolto di potere ripensare il proprio futuro e quello dei propri figli, riprogettando le loro esistenze dopo anni di guerra e di difficili condizioni di vita in Libano.

La prima famiglia racconta di essere stata costretta a lasciare la località in cui viveva, Homs, a seguito dello scoppio della guerra civile nel 2011. Gli scontri e la militarizzazione della città e dei piccoli paesi limitrofi, li hanno indotti a scappare in direzione di Aleppo, stabilendosi nella vicina Hanassir. Adel, il padre, racconta che dal 2011, e finché è rimasto in Siria, non si è fermato mai troppo a lungo in un luogo per non essere costretto ad arruolarsi nell’esercito siriano, pena la carcerazione. Giunti in Libano nel 2012 si stabiliscono nel garage di una casa in costruzione che era stata abbandonata. Le condizioni di vita in Libano erano difficili e pericolose. A causa dell’esistenza di due differenti fazioni una anti-siriana e una filo-siriana all’interno del Paese, Adel poteva essere picchiato o derubato in quanto siriano ogni volta che lasciava la propria abitazione per cercare una scuola per i propri figli o un lavoro occasionale per far fronte alle spese. La famiglia arrivata al  Centro Diaconale manifesta agli operatori lo stato di apprensione per i parenti rimasti in Libano.

La seconda famiglia è composta da una coppia di coniugi che a seguito della guerra civile scoppiata in Siria nel 2011 sono fuggiti in Libano. Dopo tre mesi sono rientrati in Siria, a Damasco, dove hanno alloggiato in una struttura dedicata all’accoglienza degli sfollati per otto mesi. Quando gli scontri hanno coinvolto anche Damasco sono scappati nuovamente in Libano dove sono rimasti per cinque anni, fino alla partenza verso l’Italia. Hanno alloggiato in una tendopoli con altre 25 famiglie, senza documenti, diritti e limitati negli spostamenti poiché gli era vietato allontanarsi dal quartiere in cui era stata allestita la tendopoli, pena l’arresto. Hanno raccontato con grande tristezza e dolore il periodo trascorso in Libano, dove attualmente sono rimaste le famiglie di entrambi.

Il 1 dicembre la porta di Fiumicino si è aperta per la loro vita e, in quel momento, si sono incrociati i nostri sguardi emozionati, i loro stanchi, felici, disorientati. M. non ha ancora 3 anni, arriva con la sua famiglia e la sua risata contagiosa, gioiosa ci travolge e coinvolge, polarizzando tutta la nostra attenzione e sciogliendo la tensione dell’attesa e la preoccupazione su come comunicare, su come farci capire. La comunicazione avviene in modo naturale e, in quello spazio e tempo, separato dal resto del mondo che sta fuori, inizia l’accoglienza. Cosa vuol dire accogliere, parola tanto usata nel linguaggio comune, vuol dire “ricevere nella propria casa”, con particolare attenzione ai modi, ai sentimenti, alle manifestazioni con cui si riceve. Ecco M. ci ha accolto senza riserve, senza paura dell’Estraneo, insegnandoci ancora una volta che l’accoglienza è reciproca e che spesso erroneamente ci prepariamo ad accogliere in un modo autoreferenziale, preoccupati da aspetti materiali (certo molto importanti) e infarciti di luoghi comuni che sentiamo ripetere ogni giorno in diversi contesti. E’ iniziato per loro e per noi una nuova vita insieme.